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tratto da Naturalmenteitaliano - 29 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Cioccolosità
A Monsummano Terme dal 24/01/2003 al 26/01/2003
Un fine settimana tutto all'insegna del cioccolato d'autore, con le firme più prestigiose del panorama dolciario-artigianale nazionale. È quanto propone la rassegna Cioccolosità in programma dal 24 al 26 gennaio 2003 a Monsummano Terme in provincia di Pistoia. Ideata da Slitti, uno tra gli otto cioccolatieri più famosi del mondo e realizzata in collaborazione con Slow Food ed il Comune di Monsummano Terme (Pistoia), la golosa kermesse si qualifica per la partecipazione dell'intera Chocolate Valley che vede, tra i tanti e importanti nomi, quelli di Franco Ruta dell'Antica Dolceria Bonajuto di Modica (RG), di Cecilia e Paul De Bondt di Pisa, di Domori di Genova, di Cioccolato & Company di Massa e Cozzile (PT), di Corrado Assenza del Caffè Sicilia di Noto (SR), Massimiliano Bettazzi di Prato, Roberto Catinari di Agliana (PT), Arte Dolciaria Maglio di Maglie (LE), Luca Mannori di Prato e molti altri ancora. Ricco e curato il programma della manifestazione che si articola in numerosi momenti diversi: dalle cene a tema, ai laboratori del gusto guidati dagli stessi maestri, dai percorsi di degustazione e abbinamento tra il cioccolato i distillati e vini alle visite delle splendide creazioni artistiche dei Maestri Cioccolatieri. Completa il tutto un curioso concorso che vedrà competere 15 famosi barman toscani nella preparazione del miglior drink al cioccolato.Per informazioni
www.chocotravels.com oppure
Comune di Monsummano Terme 0572 9590
e-mail: e.vigilanti@comune.monsummano-terme.pt.it


tratto da la Stampa - 29 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
LO HA DECISO BRUXELLES
Il sigaro toscano prodotto agricolo di qualità della Ue
ROMA. Via libera al sigaro Toscano tra i prodotti d´origine agricola di qualità nella Ue. Il Parlamento Europeo ha votato a favore dell´inserimento dei derivati dal tabacco nella lista dei prodotti ammissibili della registrazione comunitaria come denominazione di origine (DOP e IGP). La decisione comunitaria apre la strada alla richiesta di riconoscimento sostenuta dai tabacchicoltori italiani per garantire che il sigaro toscano di qualità possa rimanere un prodotto italiano protetto dai tentativi di imitazione e sostenuto da iniziative valorizzazione. Il sigaro Toscano infatti - ricorda la Coldiretti - è ottenuto con tabacco di varietà Kentucky di cui l´Italia è l´unico Paese comunitario produttore. Nel nostro Paese - precisa la Coldiretti - la produzione di tale varietà di tabacco rappresenta solo il 5% di quella totale ed è realizzata principalmente in Toscana ed in Campania.


tratto da il Resto del Carlino - 29 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
'L'ORO NERO' FA IL TUTTO ESAURITO
di Walter Bellisi
SPILAMBERTO - Appena la porta di Villa Fabriani si apre, un profumo meraviglioso invade l'olfatto del visitatore. Un effluvio di "nettare nero" pervade poi l'intero palazzo che ospita il Museo del Balsamico Tradizionale inaugurato un mese fa. All'interno di quelle mura, dal passato prestigioso, è raccolto uno scrigno di testimonianze altrettanto nobili che raccontano la storia di un prodotto tipico per eccellenza di questa terra, la cui tradizione corre a ritroso nei secoli. Durante queste festività natalizie il Museo ha visto un alto numero di visitatori. Il gran maestro della Consorteria dell'aceto balsamico tradizionale, Francesco Saccani (nella foto insieme al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini), ci ha guidati in questo mondo che affascina e cattura l'interesse di sempre più vaste schiere di persone in ogni angolo del globo. La vista è attratta subito da una bella immagine di Beppe Zagaglia che mostra un grappolo d'uva ingigantito: siamo nel vigneto. E vicino c'è tutto l'occorrente per la lavorazione. Nella sala attigua troviamo invece il laboratorio del bottaio e l'acetaia. Qui si assiste all'incontro tra il passato e il presente: a una batteria di botti d'oggi, un'altra, annerita dal tempo, vi scorre di fronte: è datata due secoli fa e apparteneva alla famiglia Fabriani. Il percorso espositivo conduce poi alle testimonianze storiche e scientifiche, con le bottigliette che contengono il campione del Balsamico vincitore dell'annuale gara del Palio dal 1967 ad oggi, due bottiglie antiche, un marchio della fine dell'800. E ancora tubi di vetro particolare per l'assaggio, trani dove un tempo veniva custodito il balsamico da usare tutto l'anno, uno dei quali è del 1700. Interessante la carta degli antichi domini estensi del Vandelli che porta la data del 1746. Fu l'anno successivo che alla corte estense, per la prima volta, usci l'aggettivo balsamico. Altri preziosi documenti sono esposti nelle teche. Non mancano pregevoli pubblicazioni storiche. "In provincia di Modena sono migliaia le famiglie che producono aceto balsamico spiega il prof. Francesco Saccani -. Per il 95 per cento di queste il problema della commercializzazione è l'ultimo dei pensieri. Ci sono dei legami affettivi incredibili. Il fatto di allestire una batteria quando nasceva un figlio o un nipote, oggi è molto più sentita di un tempo". Ai piani superiori della Villa ci sono la presidenza e la segreteria, la sala assaggi e il laboratorio. Nel solaio, caldo l'estate e freddo d'inverno più freddo, come richiede il balsamico, c'è la preziosa l'acetaia sociale della Consorteria.


tratto da la Stampa - 29 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
PRESENTATO IL CONSORZIO TRA VARI COMUNI E LA PROVINCIA PER SOSTENERE UN PROGETTO AMBIZIOSO
Nasce un nuovo vino tra Acquese e Ovadese
Non ha ancora un nome, è prodotto con le uve di Albarossa ottenute già nel `38
di Renzo Bottero
OVADA L´Ovadese e l´Acquese avranno presto un´altro grande vino rosso che, nelle intenzioni dovrebbe addirittura affiancarsi a Barolo e Barbaresco. Sarà prodotto dal vitigno "Albarossa", incrocio fra due vitigni piemontesi per eccellenza, Nebbiolo e Barbera, ottenuto in via sperimentale fin dal 1938 dal famoso agronomo Giovanni Dalmasso. E´ stato poi mantenuto in vita dal centro sperimentale "Tenuta Cannona" di Carpeneto e costantemente seguito dal professor Franco Mannini del Cnr di Torino. I primi risultati hanno confermato la validità del connubio fra le pregevoli qualità delle due uve. L´impegno di proseguire su questa strada viene dalla recente costituzione del consorzio "Le Grange di San Quintino" che, partito nel 1998 da una iniziativa del comune di Bistagno, è stato presentato di recente ad Ovada. Infatti lo hanno costituito il Comune ovadese, con quelli di Bistagno, Tagliolo, Morbello, Ponti, Terzo, Melazzo e con la Provincia: ora potranno aderire altri enti e privati. Il nuovo consorzio è stato presentato dal presidente Arturo Voglino, già sindaco di Bistagno, e dal vice, l´enologo Mario Berchio. Il nome del Consorzio si richiama alla tradizione e trae origine da una ricerca dell´Accademia Urbense con riferimento all´Abbazia San Quintino di Spigno e al fatto che già oltre mille anni fa nell´Acquese e nell´Ovadese c´erano terreni con caratteristiche adatte allo stesso tipo di vitigno. Voglino ha evidenziato le caratteristiche dell´Albarossa e i primi risultati ottenuti con la sperimentazione su 3 ettari (ora passati a 6) in diverse zone, utilizzando cinque porta innesti diversi. Ora sono necessari altri dati: capire come il vino reagisce all´invecchiamento, utilizzando oltre ai barrique le tradizionali botti piemontesi; verificare la produzione per ettaro; inventare un marchio e un nome per il nuovo vino che già alle prime degustazioni ha riscosso consensi.


tratto da Unione Sarda - 29 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
E in Francia si brinda col vino di Asterix
di Pier Antonio Lacqua
Per il cenone di Capodanno vi andrebbe una bottiglia di Carenum, di Mulsum, o un Turriculae annata 275? La Francia produce un'infinità di vini (ben 38 mila), ma quei tre sono proprio speciali: ne andavano matti gli antichi romani dopo la conquista delle Gallie da parte di Giulio Cesare. Vicino a Beaucaire, in Provenza, un barbuto enologo di nome Hervè Durand li ha strappati da un millenario oblio e gli affari gli vanno a gonfie vele: ne vende diecimila bottiglie all'anno, perlopiù tramite Internet, o ai turisti di passaggio.La bottiglia di Carenum costa sui 12 euro (otto volte più che ai tempi dei Cesari, quando era vostra per appena 2 sesterzi, circa 1,6 euro al cambio attuale). Stesso prezzo per il Turriculae, mentre per il Mulsum bastano dieci euro.I tre vini "archeologici", di nuovo in circolazione da una decina di anni, sono piuttosto diversi: il Mulsum è aromatizzato con miele e svariate spezie: lo consigliano come aperitivo. Il Turriculae è stato risuscitato sulla base della descrizione che ne fa l'agronomo latino Lucio Columella nel suo De re rustica: è un bianco secco, sa di prugna, va bevuto a 18 gradi e si presta ad essere ingurgitato assieme a formaggi, carni, mandorle o noci. Il Carenum rivive invece grazie alla minuziosa ricetta tramandata da Rutilio Emiliano, autore di una Opus agricolturae: è un rosso molto dolce e liquoroso, che ben si sposa con i dessert e con il foie gras.Durand assicura che tutto è fatto "all'antica maniera gallo-romana", come ai tempi in cui la Sesta Legione Imperiale dominava la Provenza: l'uva viene pestata con i piedi, i macchinari sono quelli di due millenni fa, il vino viene conservato in grosse anfore di terracotta (l'antico dolium latino).Un ulteriore pizzico di autenticità lo dà la fattoria Les Mas Gallo-Roman des Tourelles, dove l'enologo ha riportato in auge Carenum, Mulsum e Terriculae: lì, in quella località chiamata una volta Ugernum, gli antichi romani già sfornavano una quantità industriale di vino, che in buona parte finiva nella capitale. Ecco perché per il calcolo delle annate si parte addirittura dalla fondazione di Roma. Dunque, avanti tutta con Carenum, Mulsum e Terriculae per il brindisi di Capodanno. O forse è meglio no?In effetti non esiste un consenso universale nel paese dello Champagne . Non a caso la clientela più affezionata di Hervè Durand è rappresentata da professori di archeologia e direttori di museo. Per molti sommelier quegli antichissimi vini (acquistabili tramite il sito Internet www.tourelles.com) sono soltanto una curiosità e mal si addicono ad un consumo durante pasti ordinari del terzo millennio.Fra l'altro, chi se ne intende assicura che quei "nettari" dell'antica Roma sarebbero terribili per il dopo-sbornia. Persino Cedric Durand, che aiuta il padre Hervè nella fattoria delle Tourelles, ammette che quei liquidi in arrivo dalla Francia di Asterix e Obelix sono "di difficile accesso al palato moderno".


tratto da la Nuova Sardegna - 29 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
TEMPIO PAUSANIA
Sempre galluresi i tappi dello spumante
Nessuna insidia all'orizzonteIndiscusso il primato del sugheroDalle cantine della Sardegna settentrionale anche molti vini per le feste
di Tonio Biosa
TEMPIO. Quando, fra una manciata di ore, milioni di tappi di sughero salteranno da altrettante bottiglie per brindare all'arrivo del nuovo anno, la Gallura tornerà a celebrare un suo trionfo. Di questi tappi numerosissimi sono infatti usciti dagli opifici della zona industriale.
I tappi vengono dalle botteghe artigiane di Calangianus, Tempio, Luras, Aggius, Nuchis e Berchidda dove antichi quadrettai con lama tagliente ricavano da bande di sughero il pezzo più puro destinato a tenere a bada nella bottiglia i vini più pregiati del mondo. Partiti dalla fabbriche della Gallura, i tappi hanno preso la direzione delle aree vitivinicole non solo della penisola ma anche di Francia e di altri paesi europei e extraeuropei. E più alta è la qualità di un vino altrettanto alta dovrà esser quella il sughero che lo suggella nella bottiglia. "Il binomio sughero-vino è un equilibrio naturale che nessuno mai potrà turbare, pena il venir meno delle qualità e delle propietà del secondo" scrive in una pubblicazione Antonio Pes, a suo tempo ricercatore della Stazione sperimentale del Sughero. Quando quindi la notte di San Silvestro si alzeranno calici e coppe per brindare con gli spumanti più famosi del mondo, milioni di tappi avranno il marchio del "made in Gallura". Ma un altro piccolo-grande trionfo, in questi giorni di brindisi e di auguri, la Gallura lo celebra con l'altra voce del predetto binomio, ovvero il vino, quello spumeggiante, adatto alle circostanze.
E' da qualche lustro che le cantine del nostro territorio producono vini spumanti che hanno riscontrato subito gradimento e fra gli esperti ed il mercato. Ladas Brut di Tempio, Giogantino di Berchidda, Vigne del Portale di Monti, Chardonnais di Mancini sono una realtà consolidata. Ma anche in questo comparto la tradizione affonda le radici in epoche lontane. Già dagli Anni Venti esisteva lo Spumante Gallura. Alla sua confezione si era dedicato il calangianese Tito Tamponi che aveva trascurato una laurea in Farmacia e le proprietà di famiglia per andare in Francia ad apprendere il metodo classico di spumantizzazione, lo champenois. Padrone di tale metodo, precursore ed unico produttore, egli comincioò a spumantizzare vini da uve autoctone, ottenendo risultati eccellenti. Col metodo classico e con quella attrezzatura primordiale che fu del padre, i figli di Tino Tamponi continuano a fare lo Spumante Gallura.


tratto da il Messaggero Veneto - 27 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
"Tocai, serve un patto Friuli-Ungheria"
Il parlamentare friulano Collavini rilancia la proposta di una trattativa bilaterale
UDINE. C'è ancora il tempo e la possibilità di trovare un'intesa con l'Ungheria per sciogliere il nodo del tocai a favore sia del vino friulano che ha una storia e un marchio da difendere, sia di quello magiaro. Lo ribadisce il parlamentare friulano di Fi, Manlio Collavini. "C'è un'amicizia antica tra Italia e Ungheria. Rapporti, frequentazioni, scambi che risalgono alla notte di tempi e che fanno del settore vitivinicolo un terreno di incontro persino più complesso e significativo del prodotto stesso che genera - sottolinea -. Sicché il vino, a cui, su un piano certamente più alto, persino il cristianesimo e l'ebraismo hanno attribuito un importante valore simbolico-rituale, è stato terreno di incontro tra i due Paesi: segnando una sorta di parallelismo tra storie patrie e antiche vicende mercantili, i cui passaggi storici non è difficile individuare". "Fu l'imperatore romano Probo, che nel 280 d.C. diffuse la coltivazione della vite in Ungheria, importandola dal nostro Paese. Sembra poi accertato che, oltre ai vitigni dell'imperatore romano Probo, anche il Furmint (uno dei principali artefici del celebre Tokaj sia stato trasferito in terra magiara dai conti Formentini (friulani) o - come altri storici sostegnono - da viticoltori italiani, che unitamente a Lorenesi e Valloni, furono chiamati da re Bela IV d'Ungheria per effettuare il risanamento della viticoltura locale". "Uno dei momenti più interessanti, rispetto agli scambi tra i due Paesi nel settore vitivinicolo, è rappresentato dal vitigno ungherese impiantato in Italia e denominato "tocai friulano". Questo, in effetti, non avrebbe niente in comune con il "Furmint" di Tokaj, come qualcuno ha sostenuto. Secondo recenti, approfondite ricerche ampelografiche e biochimiche dell'Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, questo vitigno, di indubbia provenienza magiara, non sarebbe altro che il "sauvignonasse". Due vitigni diversi, quindi, il "Furmint" e il "Tocai friulano", che danno origine a vini molto diversi che non si possono commercialmente confondere".
"A questo punto è bene specificare anche come l'uso della dizione "Tocai friulano" risalga alla fine del Settecento e che le prime documentazioni ampelografiche su questo vitigno appaiono nel 1825 nel volumetto "Delle viti italiane " dell'Acerbi. Un ricordo storico, questo, che ci riporta al secolo scorso, quando alle vicissitudini vitivinicole si sono intrecciati importanti avvenimenti storici fra le popolazioni italiche e magiare, che si trovarono unite nel comune desiderio di libertà e indipendenza".
"In questa cornice si iscrive la necessità di un accordo diretto tra i due Paesi, sull'uso della dizione "Tocai friulano" riferita, si badi bene, a un vitigno e non a una regione di provenienza. È ben noto, infatti, che i vitigni prodotti con il "Tocai friulano" sono denominati (secondo i disciplinari produttivi regolamentati da altrettanti decreti del Presidente della Repubblica) con i nomi geografici "Collio", "Grave del Friuli", "Colli Orientali del Friuli", "Aquileia", "Latisana", "Isonzo" e "Lison-Pramaggiore". Un accordo amichevole e ragionato, sulla questione, pare certamente cosa possibile, oltre che auspicabile. Un accordo diretto italo-ungherese - nel rispetto delle leggi internazionali sulla tutela della denominazione di origine, geografiche - dunque, che offrirebbe un validissimo contributo ai reciproci interessi. Un'intesa nel senso auspicato, infatti, assicurerebbe una forte valorizzazione di tutta la produzione vinicola ungherese e un rilancio commerciale del Tokaj e dei vini friulani e veneti a denominazione di origine controllata. La storia delle relazioni tra i due Paesi sollecita pensieri positivi in proposito: e le stesse dinamiche dei mercati mondiali, l'evoluzione socio - politica dell'Europa, i grandi temi proposti dalla globalizzazione, postulano un accordo diretto tra Italia e Ungheria che assicurerebbe solo vantaggi ai partners. E consoliderebbe una lunga stagione di rapporti amichevoli e fruttuosi tra due popoli".


tratto da il Manifesto - 27 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
TERRA TERRA
Elogio del tappo di sughero
di MARINA FORTI
Non c'è dubbio, una buona bottiglia di vino ha un tappo di sughero. Non è solo un fatto di distinzione - il tappo sintetico "appare male", fa pensare a vino non di qualità. C'è anche una buona ragione ambientale per preferire il sughero alla plastica: abbandonare il sughero potrebbe provocare una crisi ecologica ed economica nelle regioni mediterranee che lo producono. Mettiamola in questi termini: il sughero è una risorsa rinnovabile e un'industria sostenibile. Si tratta della corteccia di una varietà di quercia, Quercus Suber L., che abbonda in Europa ma trova il clima ottimale in Europa occidentale e Africa settentrionale mediterranea. Il Mediterraneo, con 2.200mila ettari di foresta di quercia da sughero, fa il 99 per cento della produzione mondiale. E' una risorsa rinnovabile perché, ben gestito, l'albero resta produttivo per tutta la sua vita di circa 200 anni. Raccogliere il sughero significa spogliare l'albero della sua corteccia, che poi ricrescerà. Di solito un albero giovane viene spogliato attorno al 25esimo anno, e bisogna aspettare il secondo raccolto per avere un sughero adatto a produrre tappi da vino. Tra un raccolto e l'altro passano di solito 9 anni in Portogallo, 12 in Sardegna. Dal punto di vista strettamente commerciale questo significa investire su un arco di tempo di almeno 40 anni. La corteccia è rimossa in primavera o all'inizio dell'estate, quando viene via più facilmente perché sta crescendo - a volte il buon coltivatore preferisce aspettare l'anno seguente se vede che il momento è sbagliato: altrimenti rischia di danneggiare l'albero. Si dice che un albero ben curato ha un equilibrio ottimale tra foglie, rami e corteccia che ne garantisce la vitalità. In Portogallo, nell'Alentejo, vanno molto fieri del venerando Zufolo, un albero di 212 anni: ha dato i suoi raccolti ogni 9 anni dal 1820, e pare che ormai faccia sughero sufficente a tappare centomila bottiglie (la quercia media dà materiale sufficente a circa 40mila tappi). Soprattutto ha una chioma superba, frequentata da un gran numero di uccelletti canterini - da cui il nome.
Ora, la buona notizia è che negli ultimi vent'anni ci sono stati notevoli investimenti, e l'area delle querce da sughero è cresciuta in media del 3% annuo. All'avanguardia è il Portogallo, che con 725mila ettari fa 175 tonnellate di sughero, il 52% della produzione mondiale. Segue la Spagna (510mila ettari, 110 tonnellate, il 32% della produzione) e terza, ma a grande distanza, l'Italia (225mila ettari e solo 20 tonnellate di prodotto, cioè il 6%). I produttori di sughero si allarmano del fatto che il 6-8% dell'industria del vino è passato ai tappi sintetici. Tengono a garantire un mercato stabile e affidabile - ovvero, assicurano che gli imbottigliatori troveranno sul mercato le forniture di tappi necessarie. L'investimento è andato anche a raffinare le tecniche ed eliminare il difetto che i sostenitori del tappo sintetico imputano al sughero: il vino che "sa di tappo", ovvero ha assorbito un po' di 2,4,6-tricloroanisole (Tca), componente naturale che dà un cattivo sapore al vino (secondo l'associazione portoghese dei produttori di tappi di sughero, tra l'1 e il 4% del vino imbottigliato finisce con sapore di tappo, ma con i miglioramenti tecnici recenti la percentuale va verso lo zero).
Dal punto di vista strettamente ambientale, una foresta di querce è un habitat importante. La sezione portoghese del Wwf, che ha lanciato il progetto "cintura verde contro la desertificazione", la considera una barriera all'erosione dei terreni e sottolinea che la foresta di sughero sostiene indirettamente l'economia rurale, perché nel suo sottobosco pascolano bovini e ovini, o maialini, senza parlare delle arnie di api. Le due specie più minacciate d'Europa, la lince iberica e l'aquila imperiale iberica, trovano nelle foreste di querce uno degli ormai rari rifugi. E l'industria del sughero è probabilmente ciò che ha salvato le foreste di querce mediterranee. Il valore economico di quegli alberi è ciò che li salva. Anzi: considerato che i tappi rappresentano come peso il 15% della produzione di sughero, ma come reddito fanno l'80%, si può dire che le foreste sono salvate dai tappi.


tratto da la Stampa - 23 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
DI GIUSEPPE SICHERI STAMPATO DALLA DEAGOSTINI
"Libro del vino". Nuova edizione
VERCELLI. E´ stata stampata, in questi giorni, dalla DeAgostini di Novara, l´edizione aggiornata de "Il libro completo del vino" scritto dall´enologo vercellese Giuseppe Sicheri. Si tratta di un´opera fondamentale che, nel 1989, ha ottenuto il premio organizzato dall´Office international de la vigne et du vin, organismo che raggruppa quasi tutti i Paesi vitivinicoli del mondo. L´ultima edizione era del 2000, ma il successo è stato tale che la Deagostini ha deciso di riaggiornarla, e Sicheri ha vi ha inserito, nelle ultime 190 pagine, in opportune e documentatissime tabelle, tutti i vini italiani doc e docg catalogati fino al 31 dicembre del 2001. "Il libro completo del vino" è diviso in due parti, anzi sono due libri in uno. Nel primo, Sicheri offre al lettore tutte le informazioni possibile sul vino, a partire dall´uva: dai vitigni alla vendemmia, dalla cantina alla vinificazione, dall´imbottigliamento alla classificazione, dalla lettura delle etichette alla degustazione. Il secondo libro è dedicato alla descrizione di ben 1450 vini, tutti i doc e docg italiani. Nella prima parte dell´opera, un capitolo molto interessante è quello su "Vino e salute". Sicheri esamina l´azione dell´alcol etilico sull´organismo umano e presenta il vino come integratore della dieta. Scrive: "E´ da sempre oggetto di discussione il rapporto tra vino e salute. E´ comunque fuori di dubbio che una moderata assunzione di vino non è assolutamente dannosa in un organismo sano". E l´ex preside dell´istituto agrario di Vercelli fissa le quantità "non dannose": la tollerabilità giornaliera si aggira attorno ad un grammo di alcol per ogni chilo di peso corporeo, ciò significa che un individuo sano del peso di 70 chili può sopportare senza danni ogni giorno quasi un litro di vino da 10 gradi alcolici oppure tre quarti di litro a 13 gradi. "Tuttavia - annota Sicheri - secondo alcuni studiosi queste quantità andrebbero dimezzate". L´enologo vercellese ritiene quindi che una moderata assunzione di vino è importante per gli anziani, rispolverando, con cognizione scientifica l´antico detto popolare secondo cui "il vino è il latte degli anziani".
d. b.


tratto da la Tribuna di Treviso - 23 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Il premio dell'Aset
Maculan scelto dai giornalisti specializzati
L'Associazione giornalisti enogastronomici del triveneto (A.s.e.t.) ha celebrato, alla locanda all'Antico Cappello di Mel (Belluno), la sua tradizionale riunione annuale, occasione in cui da otto anni viene assegnato il premio dell'associazione ad un personaggio dell'enogastronomia. Quest'anno la scelta dei giornalisti è caduta su Fausto Maculan, enologo, titolare dell'omonima azienda vinicola di Breganze nel Vicentino. Con viaggi nelle migliori aree enologiche del mondo, sperimentazioni ardite e studi approfonditi ha puntato al miglioramento qualitativo del suo vino. Il suo Torcolato di Breganze ha riavvicinato soprattutto la ristorazione élite ai vini da dessert italiani. E nella classifica "Guida delle Guide", il suo Fratta 1999 è risultato al 9º posto assoluto, mentre nel 2002 tre vini di Maculan sono entrati tra i migliori 100 d'Italia.


tratto da il Mattino di Padova - 23 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Remì Krug ospite di Valentini a Padova per una degustazione dei suoi gioielli
Memorabile verticale di prodotti affinati anche per 12 anni
di Sergio Fortin (sommelier)
Krug: solo a sentirne il nome, i patiti dello champagne provano un sottile brivido di piacere.
Una Grand Cuvée, un Rosé e poi una serie mozzafiato di millesimati sono le proposte dell'azienda che pone una cura maniacale in tutte le fasi, dalla scelta dell'uva alla vinificazione, per essere sempre al massimo livello.
Krug è una delle pochissime case che vinifica in legno il prodotto base che poi darà vita allo champagne: piccole botti di 205 litri dove il vino sosta per alcuni mesi, non per assorbire sentori di legno ma solo per "respirare" e arricchirsi di sfumature.
Poi via, lunghi anni, dieci, dodici, a riposare ed affinarsi sui lieviti. Alla fine i due titolari dell'azienda francese Rémi ed Henri Krug dopo ripetuti e meditati assaggi, decidono in base alle loro straordinarie capacità sensoriali quando è il momento di immettere sul mercato il prodotto finale.
Già assaggiare una sola di queste bottiglie è una grande esperienza degustativa che purtroppo non capita spesso, ma partecipare addirittura ad una verticale di Krug è un'emozione veramente rara che si è potuta concretizzare giorni fa a Padova all'enoteca "La mia Cantina" grazie alla passione e alla competenza (ben nota agli appassionati padovani) del titolare Francesco Valentini che ha "catturato" per l'occasione nientemeno che uno dei due proprietari, Monsieur Rémi Krug, che ha guidato la degustazione con classe e brio, ben affiancato dallo stesso Francesco Valentini.
Che dire? Tutti gli champagne degustati meriterebbero un'ampia descrizione ma lo spazio è tiranno e quindi propongo soltanto due perle: i millesimati 1989 e 1988. Del primo, già il colore giallo dorato fa presagire una materia fuori dal comune. Il perlage è molto fine, fitto e persistente. Al naso dopo una prima nota di pietra focaia si susseguono inebrianti sentori di frutta matura, burro e croste di pane. In bocca è avvolgente, quasi grasso, complesso e senza cedimenti, con un finale quasi interminabile.
Il millesimo '88 (pensate, sboccato solo da alcuni mesi) si propone con un tono più giovane. E' meno espresso all'inizio, ma dopo qualche minuto sprigiona profumi di nocciola, brioche, frutta matura, ben sostenuti da un fondo cremoso. Elegantissimo, gode di maggiore freschezza rispetto all'89 e sembra avere maggiori potenzialità evolutive. Non maltrattatelo con temperature troppo basse, gustatelo a 10-12 gradi in bicchieri per vini bianchi importanti e abbinatelo ai piatti della grande cucina (per carità, non sui dolci). E' un grande vino già oggi, ma lo sarà di più tra qualche anno e per lungo tempo ancora, per la gioia di chi potrà berlo.
Il prezzo di tanta delizia? Ahimè, i miti costano e Krug non fa eccezione, ma questi sono vini da sogno e allora una volta tanto sognate e lasciateci sognare!


tratto da la Gazzetta di Reggio - 22 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Marchio "prodotto tipico di montagna" nasce con un articolo della Finanziaria
di Luca Tondelli
CASTELNOVO MONTI. Nasce un nuovo marchio, riconosciuto a livello nazionale, per la tutela e la promozione dei prodotti tipici della montagna. La notizia arriva da Roma, dove l'infinita discussione in Parlamento sulla nuova Finanziaria ha partorito anche questa novità: il marchio potrà rivelarsi un'utile carta da giocare anche per l'Appennino reggiano.
Il senatore Fausto Giovanelli (Ds), al ritorno sabato sera dalla maratona parlamentare per l'approvazione, spiega la novità, anche se parte con una critica dura verso questa Finanziaria: "E' la peggiore che abbia mai visto, ma penso che sia la peggior finanziaria da quando esiste questo tipo di legge: è stata cambiata 20 volte, quindi al momento dell'approvazione posso dire che non sia per niente attendibile sul piano delle entrate. La maggioranza stessa si è divisa in più occasioni, tanto che è stata battuta su punti anche importanti".
Dette le critiche generali, ecco il motivo di parziale compiacimento: "Devo però dare atto che l'articolo 60 istituisce il nuovo marchio per i prodotti tipici della montagna italiana. Al momento per questo articolo, come per molti altri, non ci sono i fondi, ma quando sarà finanziata potrà rappresentare una buona opportunità".
La montagna è infatti una fucina di prodotti, soprattutto eno-gastronomici, di grandissimo pregio. Un marchio loro dedicato non potrà che migliorarne promozione e commercializzazione: "Il marchio si affianca ai famosi Denominazione Origine Controllata (Doc) e Denominazione Origine Protetta (Dop), ormai anche un po' inflazionati visto che in Italia ce ne sono tantissimi. Questo garantirà una maggior riconoscibilità della provenienza, un maggior legame con la territorialità dei prodotti: non è rivolto solo ai derivati dell'agricoltura, ma è più ampio".
Nell'ambito del nuovo marchio potranno inserirsi progetti già avviato come il Parmigiano Reggiano di qualità di montagna.


tratto da il Messaggero Veneto - 22 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Un'indagine storica e archeologica che si salda con il futuro grazie al progetto per realizzare un nuovo rosso
Il vino romano torna dal passato
Convegno ad Aquileia per riscoprirne produzione e commercio
di Silvano Bertossi
Il vino romano tra sacro e profano è stato il tema di un convegno che si è tenuto ad Aquileia. Un unico neo, la giornata, l'ultima domenica prima di Natale. Per il resto tutto perfetto perché gli organizzatori, il Gruppo archeologico aquileiese e il Comitato promotore della rassegna dei vini dell'Agro aquileiese, hanno fatto le cose davvero per bene offrendo uno spaccato storico, culturale ed enologico legato all'antica Aquileia. Il vino come produzione e commercializzazione per rifornire le popolazioni che in Pannonia e nel Norico, lungo il limes danubiano ne erano sprovviste. Del resto Livia, moglie dell'imperatore Augusto, nel secondo secolo dopo Cristo faceva uso del Pucinum, ritenuto vera gioia per il palato, ma anche di eccezionali proprietà salutistiche.
Il convegno di Aquileia è servito a dimostrare, ancora una volta, che il vino era presente nell'alimentazione di quel tempo e che tutte le ricerche confermano che la vocazione vinicola di questa terra è tra le più antiche in Italia. Tutto è documentato da autori come Plinio il Vecchio, Columella, Erodiano, Marziale e altri ancora.
Aquileia luogo di produzione e commercializzazione, oltre che centro di smistamento di vino con collegamenti con l'Istria e con le campagne del Veronese, è stato il tema introdotto da Alviano Scarel, che ha ricordato che l'uso del vino nell'antica Aquileia è testimoniato dai vari ritrovamenti, bicchieri in terracotta, coppe e bottiglie di vetro e calici, e dai mosaici.
Vino e vini nell'Italia romana con procedure per la vinificazione, conservazione, commercializzazione e consumo, è stata una delle relazioni chiave della giornata. Ne ha ampiamente parlato, con una ricca documentazione iconografica, Stefania Pesavento Mattioli dell'Università di Padova. Hanno fatto seguito le relazioni Le testimonianze archeologiche sulla produzione del vino della Venetia romana di Stella Busana e quella dedicata a Le anfore vinarie nell'area alto-adriatica: produzione e importazioni, di Silvia Cipriano e Stefania Mazzocchin dell'Università di Padova. I lavori sono ripresi nel pomeriggio con L'importazione dell'olio e del vino dal Mediterraneo nel Norico in età giulio-claudia, di Gernot Piccottini, direttore del Landesmuseum della Carinzia, con Il vino in epoca romana in territorio sloveno, di Verena Perko del Centro di ricerche scientifiche della Repubblica di Slovenia, cui ha fatto seguito Aspetti del dionisismo tra mondo greco e mondo romano, di Attilio Mastrocinque dell'Università di Verona. La serie di relazioni è proseguita con Il calice della salvezza e il vino nella liturgia cristiana a cura di Sandro Piussi, ricercatore, e Nec aliud aptius medicamentis: l'uso medicinale dei vini cisalpini,di Alfredo Buonopane. Le conclusioni sono state tratte dalla professoressa Silvia Blason del Gruppo archeologico aquileiese.
La cura del vino, vista non solo come ricerca storica e archeologica, ma intesa come una tradizione che continua. Per questo, accanto a studi e ricerche presentati nel corso del convegno, è stato anche proposto, con particolare risalto, il progetto Rosso di Aquileia con l'intendimento di recuperare la tradizionale formula dell'uvaggio in uso in questa zona. Rosso - si è detto - perché le condizioni pedologiche di questa terra favoriscono la produzione di vini di grande corpo, ricchi di quei tannini nobili che ne fanno vini di grande personalità, capaci di migliorare nel tempo, affinandosi con l'invecchiamento in ambiente inerte o acquisendo ulteriore complessità attraverso il contatto con il legno. Il vino, appunto questo Rosso di Aquileia, che deve nascere e rappresentare uno specifico territorio che ha come capitale Aquileia, colonia romana ricca di vestigia e di un grande passato.


tratto da la Stampa - 21 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
CORSI DI QUALIFICAZIONE TECNICO PROFESSIONALI PER I MILITARI DEL COMANDO POLITICHE AGRICOLE
I carabinieri-sommelier contro le sofisticazioni
di Gianni Stornello
Per combattere le frodi agroalimentari i carabinieri si fanno sommelier, assaggiatori di olio di oliva, esperti in carni e in produzioni agricole, classiche e biologiche. Questi militari superspecializzati nelle varie discipline agricole e alimentari appartengono al "Comando Carabinieri Politiche Agricole", un reparto speciale dell´Arma istituito nel 1994, ma che ha assunto l´attuale denominazione l´estate scorsa. Mercoledì, alla presenza del ministro Giovanni Alemanno, nella sede del Comando il cui salone è abbellito dagli affreschi degli allievi dell´Accademia Belle Arti di Roma, sono stati consegnati gli attestati di frequenza ai corsi di qualificazione tecnico-professionale. Così si sono conosciuti i particolari delle attività di questo peculiare reparto, che opera in Italia con competenza su tutta la legislazione dell´Unione europea. Il "Comando Carabinieri Politiche Agricole" svolge controlli per prevenire e reprimere reati contro le norme comunitarie nel settore agricolo e agroalimentare. Molti controlli riguardano l´erogazione di contributi comunitari e gli aiuti alimentari ai Paesi in via di sviluppo. Ma poi ci sono i carabinieri che si occupano dei controlli sulle frodi alimentari, su quanto mangiamo e su quanto beviamo. E sono quelli che hanno seguito uno dei molti corsi di specializzazione, sovvenzionati in parte dal Ministero e in parte da privati. Un gruppo di carabinieri quindi che tutela il cittadino in un´esigenza fondamentale per la sua vita: mangiare e bere. "L´attività del Nucleo Antifrode Carabinieri - ha detto il ministro Alemanno - è fondamentale perché garantisce quel rispetto delle regole che dà sostanza e credibilità alla qualità della nostra agricoltura". Un´attività di questi giorni - ha aggiunto il ministro - nella quale sono impegnati i Nac a livello nazionale e comunitario è quella per ripristinare la piena legalità nel settore del latte. "Tra la fine di dicembre e gennaio 2003 misureremo gli interventi intrapresi dal Ministero con la Commissione di controllo sul latte in nero, e vedremo se siamo stati in grado di vincere la sfida assunta per portare il settore fuori dalla precarietà". Ma in quali settori si svolge in concreto l´attività dei Nac? In genere vengono pianificati controlli e indagini nei vari settori di competenza del Ministero. Particolari accertamenti sono concentrati in tutte le fasi del settore agroalimentare, dal momento della semina fino al prodotto finale. E la recente tendenza dell´Italia a produrre nel rispetto dell´ecosistema porta ad incrementare la vigilanza sulle coltivazioni biologiche. Eguale attenzione è posta nei settori zootecnico, ittico, ortofrutticolo, lattiero-caseario, olivicolo e vitivinicolo.


tratto da Naturalmenteitaliano - 17 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Coldiretti: come fare per ottenere una dop, una doc, un' igp...
Una guida on line per avere un prodotto riconosciuto
Un Vademecum per le domande di registrazione delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche protette nell'albo comunitario, destinato a dare un aiuto concreto a chi intenda promuovere il riconoscimento comunitario di un prodotto tipico di qualità, disponibile sul sito www.coldiretti.it nella sezione "vi segnaliamo". E' quanto promette la Coldiretti - che ha stilato una guida on line rivolta a quanti vogliano richiedere una "denominazione d'origine" - certa che, a parte quelli già riconosciuti, siano centinaia i prodotti tipici che potenzialmente potrebbero averne diritto.A tal proposito, grazie a queste istruzioni, sottolinea la Coldiretti, "si potrà evitare il più possibile di andare incontro a ritardi e complicazioni di natura puramente formale, che nulla hanno a che vedere con la qualità delle produzioni".Si tratta di "un impegno che deriva dalla certezza - ha concluso la Coldiretti - che i prodotti a denominazione di origine rappresentano uno strumento importante per accrescere la competitività delle imprese agricole e la trasparenza dell'informazione ai consumatori, assicurando contestualmente uno sviluppo equilibrato e durevole delle campagne.


tratto da il Secolo XIX - 17 dicembre 2002 [HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Una fascetta sulle bottiglie Dop certificherà l'extravergine dall'origine al confezionamento
OLIO. Sinergia tra Consorzio e Ministero per garantire la qualità
Imperia. Una fascetta aggiuntiva per l'olio extravergine "Dop" Riviera Ligure, con tanto di numero di lotto garantito dal Ministero delle Politiche Agricole, sopralluoghi nelle aziende per suggerire al consumatore la tracciabilità del prodotto e un'informatizzazione che in futuro potrà rendere visibile tutto il percorso compiuto dall'olio, dall'origine al confezionamento. Sono queste le novità che interessano il Consorzio per la Tutela della Dop, l'organismo riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, registrato a Bruxelles e operativo da alcuni mesi. Il presidente del Consorzio, Pietro Isnardi, insieme al funzionario della Regione, Marcello Storace, si sono incontrati a Roma nei giorni scorsi con Laura La Torre, dirigente del dipartimento qualità prodotti agroalimentari a tutela del consumatore al Ministero delle Politiche Agricole."L'obiettivo - spiega Giorgio Lazzaretti, direttore tecnico del Consorzio per la Tutela della Dop - è di tutelare al meglio il nostro prodotto. E' nel nostro interesse salvaguardare l'olio dop e tutelare il consumatore in vista di una migliore promozione sul mercato".Al Ministero è stato chiesto dunque di affiancare, ai normali controlli eseguiti dall'ente certificatore, nel caso della Dop "Riviera Ligure" l'ente camerale, un sistema di vigilianza aggiuntivo con la programmazione di sopralluoghi presso i produttori, nelle aziende, presso i frantoiani, in modo da garantire la tracciabilità del prodotto."In quest'ottica - prosegue Giorgio Lazzaretti - va inserita la nostra proposta, da realizzarsi in accorso con l'ente camerale, di realizzare una fascetta aggiuntiva che garantisce tutte le informazioni utili per il consumatore. Una tracciabilità che presto potrebbe essere informatizzata e quindi resa visibile a tutti. Per portare avanti i nostri obiettivi, e per limitare i costi, stiamo studiando di accordarci con le altre Dop italiane per portare avanti un discorso comune, soprattutto per quanto riguarda il mercato estero".


tratto da la Provincia di Sondrio - 17 dicembre 2002 [HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Stop alla "docg": lo Sforzato non va
SONDRIO - Il 10 dicembre doveva essere la volta buona per mettere la parola fine alla telenovela della attribuzione della Docg al Valtellina Sforzato. Così purtroppo non è stato.
Il Comitato Nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine dei vini riunitosi per dare il via libera al decreto direttoriale non ha raggiunto il numero legale per cui è tutto è stato rinviato al prossimo 22 gennaio. Dietro questo fatto, solo all'apparenza formale, ci sono motivazioni sostanziali che stanno ritardando l'agognato riconoscimento.
Bloccata di conseguenza anche la modifica del disciplinare di produzione della Doc Valtellina che prevedeva la nuova denominazione di Rosso di Valtellina. Sembrava cosa fatta, a seguito del sopralluogo positivo della commissione ministeriale, già lo scorso mese di maggio. Invece siamo ancora in attesa dell'atto più importante senza il quale è inutile parlare di Docg.
E' vero che la Gazzetta Ufficiale G.U. n.238 del 10 ottobre 2002 ha pubblicato il parere favorevole alla istanza di riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita per lo "Sforzato di Valtellina" o "Sfurzat di Valtellina" con relativo disciplinare di produzione, ma questo non basta. Allora cos'è successo nel frattempo? C'è stato un ricorso dell'Unione Italiana Vini (componente del Comitato) contro lo stesso Comitato in quanto non è a tutti gradita la nuova normativa prevista dall'art. 5 del disciplinare relativa all'obbligo dell'imbottigliamento in zona.
Com'era ovvio sono emerse le preoccupazioni degli imbottigliatori di altre zone che temono s'inneschi un pericoloso (per loro) meccanismo destinato ad estendersi anche alle altre Docg. Le previsioni sono per un definitivo via libera in occasione della prossima riunione. Ma conoscendo la forza e l'influenza dell'Unione Italiana Vini qualche dubbio è lecito.


tratto da News Coldiretti - 16 dicembre 2002 [HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Un'altra Dop e un Igp tra i prodotti italiani di qualità
Riconosciuti l'Asparago Verde di Altedo (IGP) e la Soprèssa Vicentina (DOP)
Scaduto il termine di sei mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE senza che venissero sollevate obiezioni, l'Asparago Verde di Altedo (IGP) e la Soprèssa Vicentina (DOP) verranno iscritte dall'Unione Europea nell'albo delle denominazioni di origine.Una Denominazione di Origine Protetta - Dop - per la Soprèssa Vicentina che - come informa la Coldiretti - è prodotta nel territorio dell'intera provincia di Vicenza ed è ottenuta con i tagli nobili (coppa, spalla, pancetta, grasso di gola e lombo) di suini nati e allevati in aziende zootecniche localizzate nel territorio provinciale. Il nuovo prodotto di qualità si riconosce per la forma cilindrica e per il fatto di essere legata da uno spago non colorato che copre l'intera lunghezza. La stagionatura varia a seconda della pezzatura, dai 60 ai 120 giorni.L'area geografica interessata alla produzione dell'Asparago verde di Altedo - che si può fregiare invece dell'Indicazione Geografica Protetta (IGP) - è quella compresa tra la via Emilia in provincia di Bologna, la costa adriatica ed il Po, in provincia di Ferrara. I turioni di "Asparago verde di Altedo" vanno raccolti possibilmente nelle ore più fresche della giornata e non oltre il 20 giugno e devono essere interi, freschi, sani, esenti da attacchi di roditori e di insetti e privi di terra, di umidità, odori e sapori estranei. Il prodotto - continua la Coldiretti - viene confezionato in mazzi, da un minimo 250 g ad un massimo di 3 Kg, opportunamente legati e pareggiati alla base, mediante un'operazione di rifilatura meccanica o manuale.Con queste due specialità alimentari, salgono a 121 i prodotti tipici italiani che hanno ottenuto il riconoscimento comunitario.


tratto da il Resto del Carlino - 16 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Ecco il vino della solidarietà
di M. Grazia Palmieri
Il vino diventa veicolo di solidarietà grazie ad una iniziativa della Associazione nazionale Città del Vino con la collaborazione di Conad. Si tratta de «Il vino della solidarietà», ed è stata presentata a Bologna e in altre 8 città italiane. L'obiettivo è la raccolta di fondi per i bambini(fino a 10 anni) delle zone terremotate molisane ed etnee. Saranno in vendita a 10 euro vini Doc offerti dai viticoltori italiani e si sviluppa su due fronti. Da un lato, con iniziative in piazza organizzate dai Comuni aderenti all'Associazione, dall'altro con la Conad, che fino al 10 gennaio metterà a disposizione i suoi punti vendita in tutta Italia. Ci sarà un corner apposito, con i vini racchiusi in una confezione speciale (il logo è del vignettista Emilio Giannelli). Si tratta di 100mila bottiglie in vendita per beneficenza in tutta Italia. all'Associazione nazionale Città del Vino, aderiscono 35 Comuni in Emilia-Romagna. «Di questi, undici sono della nostra provincia», ha detto Nerio Scala, assessore provinciale all'Agricoltura.


tratto da la Stampa - 14 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
LA RIVISTA USA METTE 21 VINI ITALIANI TRA I "TOP 100" INTERNAZIONALI
Wine Spectator premia Brunello e Barolo
Zonin stravince su 292 aziende alla selezione del Banco di Torgiano
di Gianni Stornello
Nel mondo del vino continua la sfida d´eccellenza tra Piemonte e Toscana. Questa volta a fare da giudice di campo è Wine Spectator, la più autorevole rivista Usa del settore, che nella sua classifica "Top 100" inserisce ai vertici dell´enologia mondiale ben 21 vini italiani di questi 12 sono toscani, con in testa 7 Brunello (Castello Banfi, Antinori, Frescobaldi, Ciacci Piccolomini d'Aragona, Altesino, Capezzana, Casanova di Neri, Avignonesi, Poggio Antico, Selvapiana, Terrabianca, Isole e Olena); 4 piemontesi, tutti Barolo (Clerico, Scavino, Beni di Batasiolo, Pio Cesare); 2 veneti (Allegrini e Pieropan), e a pari merito, con un solo vino, Umbria (Castello della Sala Antinori), Sicilia (Planeta) e Campania (Feudi di San Gregorio). Wine Spectator assegna dunque un round alla Toscana e certamente, secondo la "Top 100" Usa è l´anno del Brunello. Il successo italiano porta il nome di Castello Banfi, che ha piazzato il suo Brunello di Montalcino '97 al terzo posto, dietro al californiano Cabernet Sauvignon Sonoma County Cinq Cèpages '99 della cantina Chateau St. Jean ed al francese Chateauneuf-du-Pape '99 di Guigal, e segue i primati nel 2001 dell'Ornellaia e nel 2000 del Solaia. Gli esperti della notissima ed autorevole rivista internazionale per realizzare la super-classifica hanno degustato alla cieca oltre 10.000 vini valutandoli su quattro criteri: qualità, valore (prezzo), disponibilità (produzione) ed un "fattore x" che si può definire "excitement". Grande la soddisfazione a Castello Banfi: "E' un grande risultato che rappresenta il coronamento di venticinque anni di lavoro - commenta il direttore, Enrico Viglierchio - in cui l'azienda ha investito moltissimo in termini di passione, di risorse finanziarie e di ricerca in vigna ed in cantina. Sapere che il nostro Brunello '97, di cui produciamo 400.000 bottiglie, è stato valutato come miglior vino italiano da Wine Spectator, è una soddisfazione enorme per noi, ma anche per il territorio di Montalcino in cui da sempre abbiamo creduto". In testa ad un´altra classifica, questa volta tutta italiana, si collocano, invece, i vini della famiglia Zonin, la cui produzione è coordinata da Franco Giacosa, che svettano, insieme alle cantine San Felice e Rocca delle Macie, nella selezione del Banco d'Assaggio di Torgiano, alla quale hanno partecipato ben 292 aziende di 18 regioni italiane. I cinque vini della famiglia Zonin vincitori nelle diverse categorie sono il Friuli Aquileia "Traminer aromatico" 2001 della Tenuta Ca' Bolani, il "Toscana Sauvignon" 2001 della Fattoria Il Palagio; il Chianti Classico "Le Ellere" 2000 della Tenuta di Castello d'Albola; il Rosso delle Venezie "Berengario" 1997 e, nella categoria vini da dessert, il Recioto di Gambellara doc "Podere il Giangio" 1999.


tratto da il Denaro - 13 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
DOMANI L'ULTIMO PASSAGGIO ALLA CAMERA DI COMMERCIO DI AVELLINO
Fiano e Greco di Tufo In Irpinia altri due Docg
di Filomena Labruna
Il traguardo è vicino. Il Fiano e il Greco di Tufo sono ad un passo dalla docg. Domani mattina presso la Camera di commercio di Avellino si terrà la pubblica audizione, un ultimo passaggio burocratico prima dell'assegnazione del prestigioso riconoscimento da parte del ministero delle Politiche agricole. Il presidente dell'ente camerale, Costantino Capone, presiede l'assemblea aperta ai viticoltori, ai produttori e a tutti gli esperti di enologia. In particolare saranno approfonditi i contenuti del disciplinare di produzione, per valutare se apportare eventuali modifiche o integrazioni. Sul testo il comitato nazionale esprimerà un parere specialistico che sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Ci saranno poi sessanta giorni a disposizione per eventuali istanze o controdeduzioni. Se non verranno presentate osservazioni il ministero provvederà ad emanare il decreto per il riconoscimento della docg al Fiano e al Greco di Tufo. L'Irpinia sarà l'unica provincia italiana a vantare ben tre vini con il marchio di qualità controllata e garantita. Il Taurasi è stato il primo vino del Mezzogiorno a fregiarsi del prestigioso marchio. Il presidente della Camera di commercio segue l'iter sin dall'inizio, sostenendo i produttori locali a fare il salto di qualità, proiettandosi sui mercati internazionali. Capone accoglie enologi provenienti da diverse regioni d'Italia, tra cui Piemonte, Lombardia, Valle d'Aosta, Puglia. Anche la commissione di degustazione del ministero ha fatto tappa più volte nel capoluogo irpino e ha acquisito presso l'ente di Piazza Duomo tutte le notizie sulle produzioni, sui procedimenti di raccolta delle uve, sui trattamenti a cui vengono sottoposte. Informazioni integrate anche dai Comuni interessati che hanno fatto pervenire le note e le relazioni dei maggiori imprenditori vitivinicoli del territorio. Il direttore della Coldiretti, Antonio Colombo, lancia un appello alla Regione affinché si attivi per costituire i consorzi di tutela e mettere a punto un progetto qualificato di filiera.

tratto da la Stampa - 13 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Quel vigneto che cresce al Grand Hotel
DODICI piante, non una di più, in pieno centro storico.
Sono poche, forse, ma sono dodici piante del tutto particolari. Disposte l´una accanto all´altra, formano l´unico vigneto in grado di produrre vino che oggi esista a Roma. Arrampicate su una struttura fino a formare una vera e propria galleria, le viti sono all´interno del Saint Regis Grand Hotel, uno degli alberghi più lussuosi d´Europa. Un palazzo storico quello che dal 1894 ospita l´albergo, ma storica è anche quella vigna che sembra sia ciò che rimane di un vitigno risalente al 1500 e appartenente a Papa Sisto V, il papa della Cappella Sistina. E da allora non ha mai smesso di produrre uva. Fu un dipendente dell´albergo ad avere l´idea di provare a produrre vino da quel vitigno. Si chiamava Salvatore Adornetto. Calabrese, arrivato a Roma da Belvedere Marittimo, nato nel 1921, Adornetto era un carabiniere.
"Dopo il congedo papà ottenne quel posto per il quale serviva una persona di fiducia, poi ha lavorato all´albergo per oltre 30 anni - ricorda il figlio Massimo - Era guardiano al controllo, al vecchio ingresso, proprio accanto a dove ancora oggi c´è la vigna". Era proprio Adornetto a curare la vigna in tutto e per tutto. Mentre nei saloni dell´hotel passavano i nomi più illustri della politica e dello spettacolo di tutto il mondo, lui potava quelle piante, le tagliava e vendemmiava. Poi l´uva, una volta raccolta, veniva portata al nord, in Veneto. La prima vendemmia fu nel 1974, un centinaio di bottiglie, la stessa quantità che si continuò a produrre per una ventina di anni. Prima soltanto vino, poi anche spumante.
L´ultima bottiglia è stata prodotta sei anni fa, sull´etichetta, che cambiava ogni anno, una maschera di arlecchino e un bicchiere di vino, la stessa immagine raffigurata su un quadro ancora appeso nell´hotel. Nei primi anni Ottanta Salvatore andò in pensione. La tradizione di produrre vino sopravvisse ancora qualche anno, poi, verso la fine degli anni novanta, si perse. Nello stesso periodo anche Salvatore moriva e al Grand Hotel Saint Regis c´è oggi una sala che porta il suo nome, quella più vicina alla vigna. L´uva invece finisce nella mensa dei dipendenti, qualche grappolo viene usato per i cocktail del bar.
al.ca.


tratto da Wine Spectator - 12 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
La Top 100 di Wine Spectator 2002
1. E. GUIGAL Châteauneuf-du-Pape 1999, 93 points
2. CHATEAU ST. JEAN Cabernet Sauvignon Sonoma County Cinq Cépages 1999, 95 points
3. CASTELLO BANFI Brunello di Montalcino 1997, 94 points
4. PINE RIDGE Cabernet Sauvignon Stags Leap District 1999, 94 points
5. WHITEHALL LANE Cabernet Sauvignon Napa Valley 1999, 93 points
6. DUCKHORN Cabernet Sauvignon Napa Valley 1999, 94 points
7. ANTINORI Brunello di Montalcino Pian delle Vigne 1997, 97 points
8. MARCHESI DE' FRESCOBALDI Brunello di Montalcino Castelgiocondo 1997, 96 points

9. CHÂTEAU LA NERTHE Châteauneuf-du-Pape 2000, 92 points
10. CHÂTEAU LÉOVILLE LAS CASES St.-Julien 1999, 94 points

Sul sito di Wine Spectator troverete tutte le recensioni dei vini premiati


tratto da il Messaggero Veneto - 12 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Agripolitica. L'allargamento visto da Confagricoltura
"Zuccheraggio dei vini sloveni: l'Ue ci ripensi"
ROMA. In concomitanza con i delicati negoziati in corso in questi giorni, a livello di Ue, sul futuro della Politica agricola comune e sul completamento del processo di allargamento ai Paesi dell'Europa Centro-Orientale (se ne tratta in questi giorni anche al vertice di Copenaghen), il presidente di Confagricoltura, Augusto Bocchini, ha scritto al ministro degli affari esteri, Francesco Frattini, per chiedere un incontro al fine di approfondire questi temi.
Nella lettera indirizzata a Frattini, il presidente Bocchini ricorda che nel gennaio di quest'anno la Commissione europea ha formulato le proprie proposte ai Paesi candidati, attraverso un sistema che prevede, fra l'altro, una gradualità. Alla fine dello scorso mese di ottobre, nell'ambito del vertice dei capi di Stato e di governo, è stato sottoscritto un accordo tramite il quale è stato fissato un tetto di spesa per gli interventi nei mercati agricoli riferiti al periodo 2007-2013.
L'organizzazione si dice preoccupata per come sta procedendo la parte agricola del negoziato di allargamento, in quanto tra le concessioni che sono state proposte ce ne sono alcune che hanno un impatto diretto e immediato sugli interessi dell'agricoltura nazionale. In particolare - ricorda Confagri -, si prevede di aumentare in maniera considerevole il quantitativo nazionale garantito per la produzione di latte alla Polonia e di autorizzare la Slovenia e l'Ungheria a praticare la tecnica dello zuccheraggio nella produzione di vino.
La Confagricoltura ha apprezzato la posizione sinora assunta dal governo, che mostra di avere consapevolezza dell'importanza della posta in gioco e segue con attenzione gli sviluppi del negoziato. In questo quadro - si legge nella lettera inviata a Frattini - diventa inevitabile porre la questione dell'ammontare della quota latte assegnata al nostro Paese che risulta sensibilmente inferiore ai consumi e alla produzione interna. Tra l'altro, siamo i primi produttori al mondo di formaggi di qualità. Le richieste di riconsiderare la quota latte italiana è giustificata e legittimata dalla volontà espressa in ambienti comunitari di attribuire ai nuovi Stati aderenti un volume di diritti produttivi in linea con i consumi interni. Infine, Bocchini porta all'attenzione del governo la questione della resa fissata per i cereali, ai fini del calcolo dei pagamenti diretti ai produttori italiani. Tale resa è stata fissata nel 1992 e successivamente aggiornata nel 1999 nell'ambito del negoziato di "Agenda 2000".
tratto da il Giorno - 12 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
"LA VITICOLTURA EROICA" DI PIETRO DELFITTO
CANNETO PAVESE (Pavia) - Tre anni di tempo, fra studio e realizzazione, comprese alcune peripezie di vario tipo come la perdita di quasi 40 quintali di vernice speciale pronta ed essere utilizzata e finita sott'acqua (alluvione dell'ottobre 2000) ma, alla fine, il monumento alla "viticoltura eroica" è ora visibile, collocato in frazione Camponoce di Canneto Pavese. Un monumento unico nel suo genere e non solo per il tema che propone, sia perchè si tratta di un affresco su bassorilievo e composto da sei pannelli dalla dimensione complessiva di 40 metri quadrati, sia perchè è posto a circa tre metri di altezza dal livello della strada "incollato" su un muro fatto erigere dal comune di Canneto Pavese in un punto strategico della provinciale della Valle Versa e soprattutto monumento originale per l'interpretazione efficacemente rappresentata dall'opera di Pietro Delfitto, il pittore del Po, originario di Arena Po, autore di affreschi in chiese di mezzo mondo, compresa la Cattedrale di Gerusalemme. "La viticoltura eroica - è il commento dell'autore - da queste parti si pratica da oltre duemila anni ed ha raggiunto, con fatica e dedizione degli agricoltori, livelli di assoluta eccellenza come qualità. Il monumento celebra questo fatto straordinario attraverso le tappe significative del ciclo colturale della vite e con la naturale conclusione rappresentata dal brindisi con il buon vino, frutto dalle vendemmia".
E.B.


tratto da Corriere della Sera - 12 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Il consiglio del patron dei sommelier romani
Ricci: "Ma non fate l'errore di berlo con il panettone"
"Speriamo che lo Champagne sia riservato al brindisi di mezzanotte. Per il panettone, vi prego, comprate un buon vino dolce italiano, un Moscato d'Asti, o il classico Asti spumante", commenta così i dati sugli acquisti natalizi di Champagne Franco Ricci, direttore di Bibenda e patron dell'Ais Roma, che negli ultimi 15 anni ha "laureato" più di 10 mila sommelier in città. "Un consiglio per Natale? Ricordate: gli spumanti secchi e gli Champagne non vanno bevuti con nessun tipo di dolce. Il contrasto tra vino secco e dessert dà sensazioni da tortura gastronomica: mortifica il palato e lo stesso vino". L'Italia vende 17 milioni di bottiglie di spumanti l'anno, la Francia 300 milioni di champagne: "Scegliete le grandi produzioni nazionali. E se non volete rinunciare al lusso, tanto vale scegliere un Franciacorta, un metodo classico o uno champagne per pasteggiare dall'antipasto fino all'ultimo piatto, dolci esclusi.


tratto da Corriere della Sera - 12 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Un grande ritorno per il "vino delle grandi occasioni". Grandi chef lanciano anche menu abbinati
Allegria, si beve Champagne
di Domenico Nucera
Trionfano le bollicine nobili, e una moda dissacrante: bottiglie con la cannuccia
I sommelier rabbrividiscono, ma l'abbinamento panettone-Champagne è tra i più duri a morire: oltre 7 milioni di bottiglie l'anno vendute in Italia, per lo più durante le feste di Natale. Il fatto è che per molto tempo lo Champagne è stato usato più come accessorio da festeggamenti che per deliziare il palato. Solo dagli anni Sessanta ha cominciato a proporsi come vino da tutto pasto, mostrando un'insospettabile versatilità nell'accompagnare pietanze sapide e strutturate. Per valorizzare i vini di Jila Champagne, che pochi giorni fa ha presentato la sua collezione a palazzo Ferraioli (grandi bottiglie in confezioni regalo, abbinate a sciarpe cachemire, cioccolata e cotechino), lo chef Antonello Colonna ha lanciato un'alleanza tra le nobili bollicine e la cucina cosiddetta povera, servendo abbinati crocchette di baccalà, zuppa di ceci con anguilla e cotenna di maiale, petto di faraona con broccoletti romani. Vino da tutto pasto, ma anche da fuori pasto, come protagonista dell'aperitivo. Lola , il "drag restaurant", al quartiere Ostiense, è anche un Relais Laurent Perrier: ristorante, cocktail bar, pista da ballo e champagneria, con diverse degustazioni alla mescita. Stessa formula per La Maison di vicolo dei Granari, che ha dedicato tutto il piano inferiore a monsieur Charles Heidsieck, fondatore di una delle più celebri cantine francesi, alla fine nel 1785. Le bollicine di Piper-Heidsieck vengono servite al bicchiere anche a Le Bain di via delle Botteghe Oscure: aperitivo con il Brut della casa a partire dai 7 (incluso buffet), ma gli intenditori potranno degustare la mise en cave del '97 (a 10 ). In flûte, naturalmente, anche se questo dogma sembra adesso in discussione. La moda l'ha lanciata Vasco Rossi, esperto di "bollicine" (come titola il suo disco), nonché primo a infrangere le regole sorbendo Champagne da una cannuccia. Piper-Heidsieck l'ha proposta come nuova forma del bere: ecco il Baby Piper, 20 centilitri di nobilissimo Champagne in bottiglia di plastica rossa con cannuccia. Pazienza per perlage e note di lievito, il "Piperino" piace perché è comodo (da bere in pista) e divertente. Discussioni rimandate a fine gennaio, quando sarà presentata l'ultima provocazione: lo Champagne alla spina.
LOLA, via degli Argonauti 18, tel. 06.57305482
LA MAISON, vicolo dei Granari 4, tel. 06.6833312
LE BAIN, via Botteghe Oscure 33, tel. 06.6865673


tratto da il Messaggero Veneto - 12 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Vini doc, preoccupa la nuova tassa europea
Vini doc del Collio nel mirino dell'Unione europea? Il rischio, secondo il consiglio provinciale di Gorizia, esisterebbe davvero.
L'allarme nasce dalla proposta di direttiva avanzata dalla Direzione generale XXI dell'Ue volta a introdurre una nuova tassa sui vini, con i Doc che rischierebbero di essere penalizzati ulteriormente con un aumento della pressione fiscale quantificabile in diversi milioni di euro.
La questione è approdata nell'ultimo consiglio provinciale con il gruppo consiliare dell'opposizione che ha presentato un documento in cui si condanna fermamente la proposta avanzata dall'Unione europea di introdurre un'aliquota di accise sul vino pari a ben 0,14 euro al litro dal 2003 e a 0,15 al litro dal 2007. "Un provvedimento estremamente penalizzante sia per i produttori che per i consumatori - si legge nel documento - e nella nostra provincia verrebbe a gravare una tassa di quasi 2 milioni e mezzo di euro nel solo 2003 e considerando i soli vini Doc".
"Una tassa che sarebbe assolutamente iniqua - si sostiene nella mozione - perchè non rappresenterebbe una reale forma di armonizzazione fiscale del comparto che, invece, avrebbe bisogno semmai di essere defiscalizzato. Se venisse approvata rischierebbe di ostacolare in modo grave uno dei settori più dinamici e tradizionali dell'agricoltura provinciale e regionale che contribuisce in modo significativo alla difesa del paesaggio collinare e dell'ambiente rurale".
Il centro-destra ha chiesto dunque che Brandolin trasmetta al governo, ai ministeri e a tutte le altre Province italiane l'assoluta contrarietà al progetto di legge europeo espressa nel documento, documento che è stato poi approvato all'unanimità dal consiglio provinciale e dunque recepito anche dalla maggioranza.
(p.t.)



tratto da Naturalmenteitaliano - 11 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
ITALIA: ANCHE CHIOGGIA E VERONA PRESTO AVRANNO IL PROPRIO RADICCHIO
Rovigo, 10 dic. (Adnkronos/Mak) - Prima il radicchio rosso di Treviso. Poi quello variegato di Castelfranco. Ora anche il disciplinare di quello rosso di Chioggia e Verona e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, avviando cosi' la procedura che consentira' di ottenere il marchio europeo Igp, l'indicazione geografica protetta. In sostanza, dunque, tutti i grandi radicchi veneti verranno presto tutelati, nell'interesse dei produttori e dei consumatori, con questo marchio.
(Nm/Mak/Adnkronos)

tratto da il Corriere delle Alpi - 10 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Il Consorzio cooperative bellunesi, con la Coldiretti, ha organizzato un incontro per illustrare a che punto è il processo
Il marchio Dop calerà su due formaggi: "Malga bellunese" e "Casel" iniziano l'iter per il riconoscimento
BELLUNO. I formaggi "Malga bellunese" e "Casel bellunese" entreranno a breve nell'olimpo dei prodotti a denominazione di origine protetta. Il famoso Dop che sta ad indicare una produzione tipica con ben determinate caratteristiche di unicità che la rendono riconoscibile e inconfondibile.
Con una speciale degustazione, e l'assaggio di 11 campioni di formaggio, il Consorzio cooperative bellunesi, in collaborazione con la Coldiretti di Belluno, ha organizzato un incontro per illustrare a che punto si trova il processo di riconoscimento del Dop.
Una commissione speciale di esperti del settore lattiero caseario ha dato una prima indicazione sulle caratteristiche dei formaggi "Casel", che dovrà essere successivamente comprovata da analisi in laboratorio.
"L'iter per il riconoscimento di un prodotto Dop è individuato da lunghi passaggi", ha spiegato ieri il direttore di Coldiretti Alberto Capuzzo, "dopo il periodo necessario per determinare l'identificazione, poi ci vorranno 3-4 mesi per la definizione della documentazione e 8-12 mesi per il riconoscimento da parte della comunità europea. Dopo, il prodotto potrà essere commercializzato con la tutela del nome e questa tipologia di formaggio, preparato con latte della provincia di Belluno, non potrà essere usata da nessun altro produttore".
Lo scorso settembre un incontro analogo è avvenuto a malga Framont, dove gli esperti hanno avuto un primo confronto con 24 tipi di formaggi di malga: "Bisogna cercare di caratterizzare i formaggi "Malga" e Casel", trovando descrittori chimici e microbilogici", ha detto Daniele Slongo responsabile delle ricerche in laboratorio per Veneto agricoltura, "descrittori ripetibili per le due tipologie. Un'analisi complessa da effettuare in condizioni standard di laboratorio per determinare: elasticità, durezza, odore, aroma, intensità". Valori che devono essere presenti in tutti i formaggi per renderli riconoscibili a tutti i clienti.
Oltre all'analisi di laboratorio, parallelamente lo studio professionale "Spazio verde" sta svolgendo una sintesi della capacità produttiva delle malghe della provincia. Una stima sulle modalità dell'alpeggio nelle 90 malghe, tutte potenziali produttrici del formaggio "Malga", ma che presentano differenti caratteristiche foraggere e influenzano in modo diverso le tipologie di formaggio. Le piccole realtà lattiero casearie della provincia, riunite al 90 per cento nel Consorzio, potranno avere riconosciuta anche a livello internazionale la validità del loro prodotto. Un premio per l'impegno quotidiano nel difficile ambiente montano. "Prima di tutto è necessario rendere riconoscibili i formaggi e difenderli", ha concluso Alberto Capuzzo, "poi bisogna passare alla promozione, per incentivare l'economia agricola".


tratto da il Mattino di Padova - 10 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
L'OK DELLA REGIONE
Altre due Doc per i vini del Veneto
VENEZIA. Potrebbe presto crescere la gamma delle denominazioni d'origine controlla dei vini veneti. Ieri a Vicenza il comitato regionale viticolo, presieduto dall' assessore alle politiche del settore primario Giancarlo Conta, ha espresso parere favorevole sul piano tecnico alle proposte di disciplinare avanzate dai rispettivi comitati promotori per le doc "Corti Benedettine del Padovano" e "Riviera del Brenta". Si tratta di denominazioni che interessano i territori delle province di Padova e di Venezia, che hanno una loro base storica consolidata e la cui realizzazione amplierebbe la piramide di qualità su cui si sta consolidando il successo dei vini veneti a docg e doc, consentendo di mettere regole definite e di promuovere tutte le aree del Veneto in varia misura vocate alle produzioni viticole.

tratto da la Stampa - 9 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
ANNUNCIO ALLA RASSEGNA "DOLCI TERRE" DEDICATA AI PRODOTTI TIPICI: SI CHIUDE OGGI Denominazione d´origine al gianduiotto
Partito l´iter per il riconoscimento, fra i promotori c´è il novese Repetto
Massimo Putzu
NOVI LIGURE. Il gianduiotto piemontese in lizza per la Dop o l´Igp. Entrambe le denominazioni sono per i cibi quello che la doc è per i vini. L´annuncio è stato dato durante il convegno sui "gioielli gastronomici piemontesi" alla rassegna "Dolci Terre di Novi" che si chiude oggi. Fra i proponenti, uno dei maggiori sostenitori dell´iniziativa è il cavalier Flavio Repetto, della Novi Elah Dufour, che ha il gianduiotto fra le produzioni di punta e di più antica tradizione. Il gianduiotto è già nell´elenco dei Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) riconosciuti dalla Regione Piemonte e che attualmente sono 369. Dop o Igp sarebbero un ulteriore passo in avanti verso la consacrazione e la tutela di un prodotto che con altre specialità, dal cioccolato al torrone, alle caramelle, costituiscono la tradizione dolciaria del Novese. "Il cavalier Repetto, con altri proponenti, ha già presentato la domanda per l´ottenimento della Denominazione di origine o l´Indicazione geografica protetta - ha detto al convegno il professor Franco Percivale dell´Università di Torino ? e ha partecipato alle riunioni preliminari per lo svolgimento di questo lungo iter". La Novi, proprio grazie al suo gianduiotto, è entrata anche nel Guinness dei Primati realizzando il gianduiotto più grande del mondo all´edizione 2001 di Eurochocolate, ospitata a Torino. Al convegno sui "gioielli gastronomici piemontesi", molti dei quali sono presenti a "Dolci Terre di Novi" (dalla focaccia novese ai ceci di Merella, dai tartufi al cioccolato), e sono visitabili ancora oggi nel nuovo centro fieristico di viale dei Campionissimi, hanno partecipato anche il presidente della Regione, Enzo Ghigo, e l´assessore regionale all´Agricoltura, Ugo Cavallera. Da Ghigo è venuto un richiamo al mondo del vino a "non esagerare con i prezzi delle bottiglie". Un´esortazione raccolta anche da Cavallera che ha parlato della necessità di "una giusta remunerazione per i vini piemontesi".

tratto da la Stampa - 8 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Nel 2003 potrà essere usata la Doc per i vini di Pornassio
Buone notizie per i viticoltori imperiesi: il comitato per la tutela e la valorizzazione dei vini nazionali ha espresso parere favorevole al riconoscimento della Doc per i vini Pornassio e Ormeasco di Pornassio. Il parere della Commissione è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 dicembre. Se non interverranno lentezze burocratiche, le stesse che già avevano preoccupato il sindaco Raffaele Guglierame, la Doc potrà essere utilizzata nella vendemmia 2003. "E´ un momento importante - dice Giovanni Danio, della Coldiretti - solo valorizzando le produzioni tipiche si potranno avere opportunità di lavoro e sviluppo".
m. v.

tratto da News Coldiretti - 5 dicembre 2002 [HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]

UE: VIA LIBERA DEL PARLAMENTO AL SIGARO TOSCANO "DOC"
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

Via libera al sigaro toscano "Doc" dal Parlamento Europeo che ha adottato oggi un parere sulla proposta di modifica del Regolamento relativo ai prodotti tutelati dall’Unione Europea (Reg.CEE 2081/92). Il Parlamento ha votato a favore dell’inserimento dei derivati dal tabacco nella lista dei prodotti ammissibili della registrazione comunitaria come denominazione di origine (DOP e IGP). E’ quanto afferma la Coldiretti nel ricordare che la decisione comunitaria apre la strada alla richiesta di riconoscimento sostenuta dai tabacchicoltori italiani anche in vista della privatizzazione dell’ETI (Ente Tabacchi Italiani) per garantire che il sigaro toscano di qualità possa rimanere un prodotto italiano protetto dai tentativi di imitazione e sostenuto da iniziative valorizzazione come la "strada del sigaro", con itinerari culturali e gastronomici legati alle produzioni tipiche alimentari. Il sigaro toscano infatti - ricorda la Coldiretti - è ottenuto con tabacco di varietà Kentucky di cui l’Italia è l’unico Paese comunitario produttore. Nel nostro Paese - precisa la Coldiretti - la produzione di tale varietà di tabacco rappresenta solo il 5% di quella totale ed è realizzata principalmente in Toscana ed in Campania. Il crescente successo del sigaro toscano in Italia e nel mondo rende necessario introdurre misure di protezione a tutela della tipicità del prodotto che - sostiene la Coldiretti - solo la registrazione comunitaria di Denominazione di Origine Protetta (DOP) può garantire, specialmente ora che si sta concretizzando la privatizzazione dell’Ente Tabacchi Italiani (ETI), il leader del mercato della produzione con una quota del 81% del consumo totale di sigari. Il tabacco kentucky è una pianta molto alta (fino a 2 metri), con ampie foglie di colore verde scuro ed coltivato in Italia dai primi anni del 1800 per la produzione del sigaro Toscano che - ricorda la Coldiretti - nasce nell'agosto del 1815 a Firenze, da un avvenimento del tutto casuale: un intero raccolt ????Ao di tabacco (che serviva per pagare un pegno al granduca di Toscana) lasciato all'aperto, venne completamente bagnato da un'improvvisa pioggia. Si decise, allora di fare asciugare al sole le foglie di tabacco, ricavare piccoli sigari e consegnare i soldi guadagnati dalla vendita al granduca. Fortunatamente i sigari prodotti andarono letteralmente a ruba così, non solo l'ira del granduca fu subito sedata, ma si decise di perfezionare la tecnica di produzione.
LA PRODUZIONE DI TABACCO KENTUCKY IN CIFRE
- Produttori circa 1.000
- Produzione: 6.400 tonnellate
- Superficie coltivata: 3.000 ettari
- Aree di coltivazione: Toscana, Campania, Umbria, Lazio



tratto da la Sicilia - 4 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Il melone vuole la IGP
Da oggi un convegno per valorizzare il prodotto
Un convegno dedicato a discutere delle caratteristiche del "melone d'inverno", il classico melone dalla buccia gialla o verde che di questi tempi spesso è sulle nostre tavole e che è la classica coltivazione del territorio più vicino a noi, quello di Paceco.
Da questa mattina e sino al pomeriggio (con una pausa per permettere ai convegnisti una particolare degustazione) l'aula magna dell'istituto alberghiero "Ignazio e Vincenzo Florio" di Casa Santa, ospiterà un interessante confronto tra operatori e specialisti del settore e dell'assessorato regionale all'Agricoltura.
Il "melone d'inverno" prodotto nella Sicilia occidentale rappresenta una delle orticole di pieno campo di maggiore interesse. Occupa una superficie di circa 6.000 ettari, di cui 5.000 a buccia gialla e 1.000 a buccia verde e fornisce una produzione lorda vendibile di circa 18 milioni di euro. L'area di coltivazione ricade principalmente nelle province di Trapani e Palermo, anche se ultimamente si va diffondendo nella provincia di Agrigento.
Da alcuni anni le Sezioni operative di assistenza tecnica della Regione Siciliana (Alcamo, Salemi, Camporeale, Marsala, San Cipirello, Buseto Palizzolo, Paceco, Menfi) hanno avviato un programma per valorizzare commercialmente questo prodotto.
Questo seminario si inserisce tra le iniziative che le Sezioni operative hanno avviato per affrontare le problematiche della coltura. Ma in particolare servirà a mettere l'accento sulla necessità del riconoscimento del "marchio" che ne caratterizzi la tipicità una volta introdotto nei circuiti commerciali.
In particolare è in corso d'istruzione presso il ministero Agricoltura e Foreste la richiesta di riconoscimento di una "Igp" - Indicazione Geografica Protetta - presentata dal consorzio Sikus di Trapani, dalla Cooperativa Sicilnatura di Alcamo, dall'associazione Valle di Bucari di Salemi, dalla Cooperativa Makellon di Camporeale e dall'associazione Valli Dorate di San Cipirello. L'ottenimento del marchio "Igp" costituirebbe un'opportunità commerciale che, se ben sfruttata, potrà migliorare il reddito dei produttori. Infatti sarà possibile presentare il prodotto con un marchio d'identificazione, adeguatamente confezionato, con ampie possibilità di inserimento nella grande distribuzione Organizzata. Il seminario ha anche lo scopo di trarre nuovi elementi di conoscenza che serviranno a definire meglio le successive iniziative che il gruppo di lavoro allo scopo costituito dovrà intraprendere.



tratto da il Mattino - 4 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Capri ora scommette sul vino
di ANNA MARIA BONIELLO
Capri ed Ischia sulle strade del vino: hanno partecipato ad una due giorni all'Elba che ha riunito a Portoferraio i rappresentanti delle piccole isole con limitate produzioni vinicole. Insieme ai produttori c'erano gli assessori provinciali all'Agricoltura delle 58 località presenti. Nel corso dei lavori è stato firmato un protocollo d'intesa per la protezione dei patrimoni viticoli d'eccezione e lanciata una richiesta all'Unione europea di finanziamenti mirati, in deroga ai regolamenti stabiliti per i singoli paesi, e tenento conto che le limitate produzioni di vino delle piccole isole non stravolgono il mercato ed assolvono a diversi compiti. I finanziamenti sarebbero finalizzati alla salvaguardia dell'ambiente collegato allo sviluppo economico e alla crescita dell'occupazione per evitare l'emigrazione. Il convegno aveva per tema il "rilancio della coltura della vite come tutela dell'ambiente e volano di sviluppo economico delle isole minori italiane" ed è stato presieduto dal sindaco di Portoferraio, Giovanni Ageno, presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Isole Minori.
Tra i produttori c'erano, naturalmente, quelli di Ischia e Capri rappresentate, rispettivamente, da Andrea D'Ambra e Lino Brunetti, due aziende consolidate nel campo della viticoltura isolana nel golfo di Napoli e che da circa un secolo hanno legato i nomi delle loro famiglie a vini che sono diventati famosi, come il Biancolella e la Forastera d'Ischia per i D'Ambra ed il Tiberio ed il Capri Blù per la famiglia Brunetti.
L'azienda agricola sull'isola azzurra fu fondata nel 1909 dal cavalier Carlo Brunetti, che in quegli anni aprì nel centro storico di Anacapri, dove risiede tutt'ora, all'interno del Monastero antico delle Vergini Teresiniane Calzate, la cantina che già a quell'epoca produceva vini pregiati locali come il Lacrima Christi, il Falerno, il Capri ed il Passito. E quello che veniva chiamato "il nettare di Tiberio" ancora oggi viene prodotto sull'isola nei circa 900 ettari di vitigno che variano da 30 a circa 350 metri sul livello del mare. Una serie di microproprietà agricole in comodato che annualmente producono circa 6 mila quintali di uva.
Al rientro dalla trasferta dall'isola d'Elba, Lino Brunetti ha annunciato che agronomi ed enologi sono riusciti ad individuare in alcune località capresi attorno ai ruderi delle ville imperiali di Tiberio, come Damecuta, La Guardia e Villa Jovis, tracce di vitigni primitivi che venivano coltivati dai romani duemila anni fa. "Si sta mettendo a punto un piano - dice Brunetti - per tracciare a Capri un itinerario enologico, clonando addirittura le antichissime viti e riportando in vita "il nettare di Tiberio". Una maniera insolita, legata alla cultura del buon bere - conclude Brunetti - per inserire anche Capri negli itinerari vinicoli importanti che sempre più vengono attraversati da flussi turistici emergenti".


tratto da il Denaro - 4 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Venerdì 6 serata di gala a New York per l'agroalimentare di Napoli Vini
Fiano e Greco più vicini alla Docg
Costantino Capone subito sulla linea del fuoco. Il neo presidente di Unioncamere Campania è in partenza per gli Stati Uniti: fa parte della delegazione che nella serata di venerdì 6 dicembre sarà protagonista di un gala dinner organizzato dalla Camera di commercio italiana a New York nella metropoli statunitense. Obiettivo dell'iniziativa: presentare a duecento uomini d'affari newyorkesi, oltre che alle massime autorità cittadine, i prodotti tipici della Campania: dalla mozzarella alla pasta, dal limoncello ai pomodori fino a un noto marchio d'acqua minerale che sgorga dalle sorgenti localizzate in provincia di Caserta. La delegazione di Unioncamere è composta da sette persone, fra cui il presidente della Camera di commercio di Caserta, Gustavo Ascione (presidente del Centro regionale per il commercio estero, un'associazione di promozione costituita dalle cinque camere di commercio campane) e Biagio Mataluni, in rappresentanza dell'ente camerale sannita. Capone, intanto, annuncia subito un'altra iniziativa per valorizzare l'agroalimentare campano. E' in dirittura d'arrivo l'iter per ottenere il marchio docg (Denominazione di origine controllata e garantita) per altri due vini campani, Fiano e Greco di Tufo, che così si vanno ad aggiungere al Taurasi. Si tiene venerdì 13 dicembre presso la Camera di commercio di Avellino l'audizione pubblica dei produttori vitivinicoli irpini convocata dal ministero delle Politiche Agricole. E' l'ultima tappa del cammino per il riconoscimento della certificazione di qualità. Il più è fatto: assaggi e degustazioni dei tecnici ministeriali già garantiscono che i due vini campani sono di qualità superiore.


tratto da il Messaggero Veneto - 3 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Cormòns. Da 28 matricole nel 2001 si è passati alle 49 di quest'anno
Laurea in viticoltura: iscrizioni in aumento del 75 per cento
di Mara Bon
CORMÒNS. Due percorsi di studio diversi, ma complementari. Il Collio è la prestigiosa sede di un importante corso universitario e con il prossimo anno ospiterà anche un master d'eccellenza sul vino. Il Collio è una zona celebre per le produzioni vitivinicole che sta facendo del vino una vera e propria cultura.
Sono Cormòns e Capriva del Friuli le due cittadine che offrono alta formazione in questo settore. E tra le due opportunità di studio ci sarà piena collaborazione. Lo conferma il presidente della Camera di commercio, Emilio Sgarlata. "Sono due cose diverse - ha precisato Sgarlata -, ma sinergiche. C'è piena collaborazione con l'Università. Presto con il professor Vladimir Nanut faremo un incontro con il preside della facoltà di agraria, Pierluigi Bonfanti". Viticoltura ed enologia si chiama il corso di laurea triennale che l'Università di Udine ha attivato con successo a Cormòns. Il centro collinare è diventato così lo scenario ideale per praparare figure tecniche esperte della produzione del vino. Il successo del corso è testimoniato dal numero di iscritti. Al 5 novembre, termine ultimo per le iscrizioni, si è registrato un incremento del 75 per cento di iscritti. Da 28 matricole nel 2001 si è passati alle 49 che frequenteranno il corso nel prossimo anno accademico.
Il Winemaster si terrà, invece, all'Istituto Cerruti di villa Russiz, master che è stato presentato domenica scorsa in diffusione nazionale anche su Linea verde dal dottor Stefanutti, direttore dell'istituto. L'obiettivo del corso è quello di preparare figure altamente specializzate nella promozione del prodotto vino e quindi saranno professionalità più legate al marketing. L'istituto Cerruti è stato considerato il luogo più adatto per questo master. Non solo per motivi storici, ma anche perché, trattandosi di un ente pubblico, è risultato un ambiente particolarmente idoneo per ospitare le lezioni.
Il corso universitario e il master rappresentano dunque due corsi di studio diversi, ma che offriranno forme di collaborazione. Lo dimostra l'incontro che si terrà tra il presidente della Camera di commercio di Gorizia, Sgarlata, assieme al direttore del Mib Vladimir Nanut e al preside della facoltà di agraria Pierluigi Bonfanti. Tecnici e manager permettono così di aumentare la notorietà del Collio, non solo per i vini, ma anche per la qualità dell'offerta formativa.



tratto da la Tribuna di Treviso - 2 dicembre 2002[HOME NEWS][INIZIO RASSEGNA]
Scuola Enologica, prosecco premiato in Nuova Zelanda
La qualità dei vini della Scuola Enologica di Conegliano (nella foto) ha trovato un tributo anche in Nuova Zelanda. Infatti, nella terra oltre Oceano il Conegliano prosecco D.O.C. ha ottenuto la medaglia di bronzo al prestigioso concorso internazionale "Bragato Wine Awards 2002". Un riconoscimento ambito, conquistato in terra straniera, dovbe i gusti si discostano da quelli normalmente apprezzati in europa. L'ottava edizione de concorso enologico, organizzato dall'Associazione viticoltori neozelandesi, si è svolto a Christchurch. Kevin Moore, curatore del Bragato Wine Awards, ha dichiarato che i vini della Scuola Enologica sono stati per tutti una gradita sorpresa, anche per la giuria. Il Prosecco Spumante di Conegliano è stato premiato per la sua schiuma cremosa, spumosa e persistente, per un bouquet lievemente fruttato e non particolarmente complesso, vino piacevole e fine, con un retrogusto deciso.



tratto da il Giornale di Vicenza - 1 dicembre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
E le 483 "Città del vino" dicono: «La Finanziaria uccide le piccole realtà»
Una convention cui ha partecipato anche Lonigo
Da Castiglion d’Orcia, provincia di Siena, riuniti in assembla nazionale, i sindaci delle 483 "Città del vino", tra cui Lonigo, lanciano un accorato appello al Governo: «La Finanziaria non garantisce la sopravvivenza dei piccoli comuni, soprattutto quelli a prevalente vocazione agricola. Non lasciateci soli con noi stessi». Un richiamo forte, preoccupato. All’unanimità gli amministratori hanno ribadito che il consiglio dei ministri ed il Parlamento devono tener conto delle proposte avanzate dalle "Città del vino" nell’audizione in commissione agricoltura della Camera, in ottobre, in cui chiedevano lo stanziamento di un finanziamento in quattro anni di 10 milioni di euro, per promuovere la certificazione di qualità territoriale, lo sportello unico del vino per lo sviluppo del turismo rurale, le strade del vino per la valorizzazione dei vini, la tutela dei vitigni autoctoni, e delle doc minori.
Anche i sindaci delle "Città del vino" venete hanno partecipato alla convention d’autunno per approvare l’ingresso di altri enti locali diversi dai Comuni (Province, Comunità montane, Strade del vino) nell’Associazione nazionale in qualità di soci straordinari. Una scelta che rafforza l’Associazione per le sue finalità di promozione dei territori vitivinicoli italiani. La rappresentanza del Veneto c’erano l’assessore di Bardolino, Aristide Avanzini; l’assessore di Colognola ai Colli, Giovanni Verzini; il sindaco di Conegliano, Floriano Zambon; il sindaco di Lonigo, Giuseppe Boschetto; Vittorio Danese in rappresentanza di Montecchia di Crosara; l’assessore di Ormelle, Giuseppe Freschi; l’assessore di S. Polo in Piave, Giuseppe Facchin; l’assessore di Valdobbiadene, Floriano Curto; l’assessore di Vazzola, Alessandro Cescon.
Numerosi i progetti sul tappeto. L’Associazione sta innanzi tutto per promuovere l’adozione della certificazione di qualità ISO 14000 nei 483 Comuni associati. Poi, la semplificazione della burocrazia in vitivinicoltura. Per questo l’Associazione propone di sperimentare in cento Comuni pilota un sistema informatizzato per il collegamento a distanza tra produttori e istituzioni. Infine, iniziative a sostegno del turismo rurale e delle strade del vino, con manifestazioni e attività promozionali. Oltre alla valorizzazione dei vini e delle Doc minori.